CERCANSI LEADER MODERATO
Le elezioni amministrative disgiunte da quelle politiche sono sempre state motivo di verifiche politiche generali, fin dai tempi della Prima Repubblica. Sta volta però stanno diventando una dannazione, capace di bloccare l’attività di governo e qualsiasi manovra. Sta volta l’attenzione è alta perché le città in palio sono importanti: Milano, Torino e Napoli oltre che la Capitale. E' almeno dall’inizio dell’anno che la vita politica ruota intorno a candidature, primarie, equilibri e a maggior ragione sarà così fino a giugno. Questa volta nella disgrazia sembra almeno esserci un vantaggio: i protagonisti di questo inverecondo spettacolo non ne usciranno vivi, tanto sarà difficile mantenere unite improbabili coalizioni. Parliamoci chiaro: Berlusconi non solo non è più un leader spendibile ma rappresenta un vero e proprio impedimento alla formazione di quel partito liberale di massa che avrebbe voluto essere Forza Italia e di cui il Paese sente un grande bisogno. Manca una forza moderata con un programma di governo in cui si dica dove si taglia la spesa pubblica corrente, come si semplificano le strutture e le amministrazioni pubbliche, in che modo e in quanto tempo si sconfigge la burocrazia inutile e si proceda alla delegificazione, come si afferma il merito e si affiancano i doveri ai diritti. Una forza che rifiuta la logica bipolare se questa significa doversi coalizzare con le forze estreme, populiste e forcaiole, per vincere e invece si confronta e si allea con la parte riformista della sinistra, aiutandola a fare a meno delle componenti massimaliste e giustizialiste. Proprio per questo, non solo non è concepibile che la leadership del centro-destra sia nelle mani di Salvini, come pure che i moderati abbiano la Lega e i nazionalisti ex fascisti come alleati. Le evocazioni accorate all’unità che si sentono continuamente fare dai berlusconiani della prima e dell’ultima ora, sono dunque sbagliate sia in via di principio che in via di fatto, e dimostrano la pochezza di una classe dirigente totalmente incapace di compiere uno straccio di analisi politica, economica e socio-culturale. È chiaro che non si poteva né riprovarci con Berlusconi né provarci con Salvini, da solo o in compagnia della Meloni. Se si voleva che il partito della nazione di Renzi non fosse una (cattiva) riedizione della Democrazia Cristiana, bensì la nascita di un moderno partito socialista-riformista, bisognava costringere Berlusconi e Renzi a restare alleati alla luce del sole anziché per il tramite di Verdini. Tutto, invece, è andato e sta andando per il verso opposto. Occorrono luoghi di pensiero, strumenti di dibattito, gruppi impegnati in elaborazioni programmatiche nuove. Per i moderati come per i riformisti. Altrimenti prevarrà la disgregazione. E ahimè, saranno dolori.
Addì, 20 marzo 2016