Se dopo aver buttato via il 2016 per colpa del referendum, ora l’Italia dovesse far rotta nel mare inquinato di una lotta politica basata sul ritorno o meno di Matteo Renzi, dividendosi su legge elettorale e data delle elezioni, finiremo violentemente contro gli scogli.
Sia chiaro, è più che probabile, che l’ex presidente del Consiglio tenti di tornare al centro della scena, così come che nel Pd si scateni una battaglia politica e va da sé che tra le forze politiche si debba aprire una discussione sul sistema elettorale da scegliere. L’importante, però, è che agli italiani non sia data in pasto solo questa roba. Perché il rigetto sarebbe totale e assoluto.
Ora, Gentiloni al Governo ha riportato normalità, ed è un gran bene anche se è evidente che non basta. Occorre dunque un salto di qualità.
Speriamo che Gentiloni provi ad andare oltre il pur apprezzabile ritorno alla collegialità nell’esecutivo e cominci a parlare agli italiani, dicendo loro parole di verità sulla situazione in cui siamo e sulle difficoltà ma anche le possibilità che abbiamo di aggredire i problemi. Sarebbe già molto.
Da dove partire? Sicuramente non dal vuoto pneumatico dell’intervista, pur preannunciata come epocale, di Renzi a Repubblica. Le parole che abbiamo letto erano una finta autocritica, la descrizione di sé come di un “combattente solitario” che ha perso, per ragioni di cattiva comunicazione, una battaglia ma che è pronto a riprendere e vincere la guerra. Analisi politica, economica e del sentire collettivo, zero.
Invece, i tre punti indicati dal ministro Calenda da quando è tornato libero di potersi esprimere paiono un buon punto di partenza:
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messa in sicurezza del Paese con un piano straordinario di interventi;
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rilanciare l’economia attraverso investimenti strategici, tutelando in modo più netto gli interessi nazionali;
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avviare una vera politica di inclusione sociale. Anche prendendo tutti gli spazi di bilancio che servono.
Bisogna assolutamente che al più presto Gentiloni dia il segno di una discontinuità nella politica economica. Va dato all’Europa, che sembra essere molto meno disposta alla benevolenza di fronte all’ennesimo sforamento della legge di bilancio 2017 sugli obiettivi precedenti. E va dato sia alle imprese, che devono tornare ad investire e fermare l’emorragia di cessioni, sia ai lavoratori, cui chiedere più produttività in cambio di più salari.
Industria 4.0 non può essere solo uno slogan, ma deve assumere centralità nell’agenda del governo.
Infine si affronti con decisione il tema delle banche prima che la marea montante dello scandalismo prenda il sopravvento.
Gentiloni ha la responsabilità di preparare una nuova stagione di sviluppo e di consentire una scelta finalmente lungimirante del Parlamento sulla legge elettorale, non certo quella di Renzi e della sua agognata rivincita.
Addì, 21 gennaio 2017