Il 20 aprile si è arenata la nave AMIRA EVAN, all’altezza di località Porto Buso, lungo il canale commerciale del fiume Corno, che collega Porto Nogaro con il mare aperto.
La nave di “oltre 100 m di lunghezza, 16 di larghezza e un pescaggio inferiore a 6 metri” è stata disincagliata senza danni, grazie alla solerzia con cui sono partite le operazioni di assistenza e disincaglio messe in atto dal rimorchiatore “Val” sotto il controllo dell’Ufficio Circomare di Porto Nogaro e il supporto di una motovedetta dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Grado, con il coordinamento della Capitaneria di Porto di Monfalcone.
E’ gravissimo quanto accaduto, che poteva avere conseguenze irreparabili per il personale di bordo ma anche per l’ambiente protetto della Laguna di Marano e Grado e le attività economiche di diporto e di pesca e molluschicoltura che vi si conducono.
Se tutto è bene quel che finisce bene, e di questo va detto “grazie” al personale che vigila con estrema professionalità sul traffico marittimo, la notizia, ma soprattutto l’evento, merita più di qualche osservazione, che sarebbe stato quanto mai opportuno venisse dai competenti responsabili regionali, quegli stessi responsabili sempre pronti a lanciare annunci e a nutrirsi di auto referenzialità.
Si deve infatti sottolineare che il tratto di canale interessato è stato oggetto di un recente intervento di dragaggio che aveva l’obiettivo di approfondire i fondali del canale commerciale, da tempo interrati, per portarli dalla profondità rilevata in passato di 6,20 a una profondità di pescaggio di 7,50 m. L’intervento di dragaggio era in corso nel 2012 quando una indagine della Procura della Repubblica di Udine di fatto ne impedì la prosecuzione. Da allora l’attuale Giunta Regionale attraverso “qualche variante sostanziale” è arrivata, dopo ben quattro anni, al completamento dell’intervento di dragaggio (gennaio 2017).
Tutto bene? Proprio per niente, perché l’obiettivo dell’intervento di dragaggio non è stato raggiunto.
Si sono spesi oltre 10 milioni di euro per garantire l’agibilità del canale commerciale a navi di pescaggio 7,50 m e invece si deve registrare che si è arenata una nave con pescaggio inferiore a 6 metri. Ma come è possibile che un dragaggio progettato, realizzato e terminato solo 3 mesi or sono per raggiungere 7,50 m di profondità non abbia garantito il passaggio di una nave di pescaggio inferiore a 6 metri? Di un pescaggio cioè che è sempre stato garantito in passato, anche in assenza delle opere di dragaggio?
Che ci fosse qualcosa che non funzionava era chiaro da settimane perché il nulla osta per l’autorizzazione all’ingresso in porto canale a navi di pescaggio sino a 7,50 m pur sollecitato dall’Amministrazione regionale in più sedi, non era ancora pervenuto. L’incidente dell’altro giorno ha confermato che i dubbi alla base del mancato rilascio della “Ordinanza” relativa era più che giustificato. Sarebbe ora interessante conoscere come intende procedere in merito l’Amministrazione regionale per risolvere questa incredibile situazione.
Sarebbe interessante anche sapere se a fronte della mancata realizzazione dell’obiettivo alla base del finanziamento del dragaggio del porto canale e della relativa spesa pubblica sostenuta (anche per la progettazione dell’intervento più volte aggiustata in corso d’opera), e dei danni conseguenti che le comunità locali stanno sopportando da anni, l’operatività dei responsabili sia da ritenersi legittima sul piano erariale.
Ma sarebbe anche auspicabile avere la garanzia che gli uffici regionali competenti, in materia di sicurezza della navigazione stanno operando secondo standard adeguati. Per adesso non si ha certezza che ciò stia avvenendo. Si può affermare invece che secondo standard adeguati a garantire la sicurezza della navigazione, stanno operando gli organi della polizia marittima.
29 aprile 2017