Il confronto tra Italia e Francia è impietoso. Emmanuel Macron, si accinge a governare il suo paese e a provare a riavviare il processo d’integrazione europea.
Da noi il governo Gentiloni rimane in piedi per le ambizioni di chi vorrebbe buttarlo giù per andare alle elezioni. In questo quadro di evidenti differenze, la ridicola ricerca del Macron nostrano, rende ancora più mortificante il confronto.
Chiariamo una cosa: il neo-presidente francese è il frutto di una precisa scelta di una parte consistente della società francese. Macron è il prodotto di una classe dirigente consapevole del proprio ruolo, dotata di visione strategica, che visto lo sgretolarsi dei partiti di governo e di fronte al pericolo populista della Le Pen, ha costruito una credibile alternativa. Dietro a Macron si è poi manifestata la borghesia che non ne poteva più dei vecchi partiti e delle facce consumate, ma che non si è fatta abbindolare da parole d’ordine radicali, che non ha cercato una rottura fine a sé stessa.
Ecco perché ha accolto e dato fiducia con così largo margine ad un volto nuovo ma rassicurante, un uomo che proponeva alla Francia di essere modernizzata.
Ecco, da noi siamo di fronte al disastro di una classe dirigente incapace di dare a se stessa e all’Italia non solo un progetto per il futuro, ma neppure una modalità di gestione comune del presente.
Avremmo bisogno di un sistema politico capace di governare i processi anziché subirli e di istituzioni efficienti e moderne.
Ma invece di costruire questa condizione capace di realizzare cambiamenti radicali, ci si rifugia in leader fragili, tutti mediatici, basati sulla protesta e sulla ironia.
Gran parte della classe dirigente e della società ha pensato che queste qualità miracolose le possedesse Matteo Renzi. Ci ha creduto e l’ha sostenuto ma poi si è accorta, in parte già prima del referendum, e poi in larga misura dopo, che aveva coltivato speranze mal riposte. Solo che teme di non avere alternative, tanto più se pensa all’età di Berlusconi, se ascolta le volgarità di Salvini e se guarda ai pasticci pericolosi di Grillo.
È vero, c’è il problema dell’alternativa senza la quale ci si potrebbe trovare dopo il voto o senza governo o con un esecutivo che rischia di farci rimpiangere di non averne nessuno. Ed è per questo che l’alternativa bisogna trovarla. A Macron è servito meno di un anno ed è giusto il tempo che ci separa dalle elezioni.
È venuto il momento di accantonare riserve e rancori, di unire le forze, di avere coraggio. Lo spazio politico ed elettorale c’è e se si pensa all’astensionismo non qualunquista da recuperare, è perfino sconfinato. Ci sono uomini di esperienza che hanno già dato il loro contributo alla società e alle istituzioni e ci sono giovani che hanno qualità, prima di tutto culturali.
24 giugno 2017