Finalmente. La Presidente della nostra Regione, dopo aver risolto definitivamente i problemi della sanità, delle attese infinite ai Pronto Soccorso, dei ritardi delle ambulanze ora gestite (male) attraverso il numero unico, della disoccupazione e della povertà crescente (frenata solo dalla lentissima ripresa prodotta né da lei né da Renzi, ma dall’economia europea), infine, dopo aver riscritto la storia dei nostri enti locali disastrandola con le UTI, finalmente la Presidente può dedicarsi ad insegnare ai nostri Sindaci come lavarsi, come curare la pulizia personale, il profumo da usare, il modo di vestire e di mangiare.
E’ infatti di oggi la notizia sul quotidiamo Il Piccolo e a tutta pagina sul Messaggero Veneto, del nuovo corso della politica regionale che passa attraverso le disposizioni sullo stile o il protocollo cui gli amministratori è opportuno si attengano. La Serracchiani invia il libro “Signor Sindaco, come fare quando” con una sua personale lettera accompagnatoria nella quale lo descrive come un vademecum con l’auspicio di non sottostimare la forma per evitare gaffes o incomprensioni a livello di istituzioni.
Il senso è questo leggendo il quotidiano e restando in attesa di leggere l’intera lettera e il libriccino scritto da un tale, laureato, diplomato, specializzato nonchè perfezionato presso il cerimoniale diplomatico della Repubblica ( per chi non se ne intende è quello del Ministero degli esteri, che talvolta battibecca con quello della Presidenza del Consiglio!).
Incominciando dalle gaffes, ci permettiamo di includere nel novero di esse anche quella di dare ai propri amministratori locali istruzioni sulla toilette personale, su quale deodorante usare (deve essere di profumo delicato), sulla camicia e cravatta da portare, sulle gonne da allungare, insegnando altresì che il risotto si mangia con la forchetta (e non con le mani) e che il brodo non si sorbe con rumore. Più che gaffes ciò significa ignorare le più elementari norme di educazione e civismo perché questi consigli si danno eventualmente sottovoce, non si inviano con una lettera accompagnatoria, probabilmente redatta su carta intestata dell’incolpevole Istituzione regionale.
Per favore, poi, non si dica che sono cose scritte in quel libretto. Ci sono libri zeppi di idiozie e non per questo si può giustificare il loro invio istituzionale. Detto poi fra noi, e chi ha un po’ di esperienza di amministratore o di cerimoniale lo sa bene, le regole del cerimoniale si sono evolute: parlare di gradi e di ossequi come atteggiamenti utili ai rapporti istituzionali è giusto, ma farne regole assolute è anacronistico e soprattutto fuori dalla realtà: basta guardare alla semplicità istituzionale di Angela Merkel o agli atteggiamenti dei presidenti degli Stati Uniti d’America ovvero a Papa Francesco, “Re” in uno stato assoluto dove la Liturgia è una cosa seria, per arrivare infine all’abbigliamento e al comportamento di certi ministri, sottosegretari(e), uomini di partito, etc. nei talk show o nelle esternazioni pubbliche.
I tempi cioè sono lontani millenni da quelle forme di barocchismo dove si pretenderebbe di insegnare a lavarsi o fare l’inchino ed il baciamano ma solo se si tratta di gente di un grado superiore. Consiglieremmo pertanto alla Presidente, se proprio non ha altri problemi cui pensare, di aggiornarsi e di aggiornare le letture sue e dei suoi uomini di fiducia. Non vorremmo poi che la cosa generasse addirittura situazioni istituzionali controproducenti o pericolose: il libro, almeno a quanto è dato sapere, non dice che è anche non consentito ai Sindaci di bestemmiare o usare, sempre in pubblico, insulti o epiteti da trivio.
Ci auguriamo che ciò non venga interpretato come una autorizzazione agli amministratori pubblici di questa regione, a farlo!
Lì, 10 gennaio 2017