SIAMO UN PAESE A PEZZI
Tutti i nodi che assillano il nostro Paese stanno venendo al pettine. E così il declino italiano si trasforma in decadenza strutturale e irreversibile. Forse nell’opinione pubblica è percepito il silenzio del vuoto delle contromisure. Ma non c’è ancora la piena coscienza delle conseguenze devastanti che si stanno producendo.
Da un lato c’è il Paese che viene giù a pezzi. La cronaca ci offre a ritmo sempre più incalzante gli esempi di un territorio, urbano e non, che per effetto delle mancate manutenzioni e dell’ottuso rifiuto di ogni ammodernamento infrastrutturale, è oggetto di devastazione. È un fenomeno che prende molte forme, dal dissesto idrogeologico all’incuria dei centri urbani grandi e piccoli. Le reazioni alle grandi calamità naturali, poco dopo l’evento lasciano il passo alla lentezza burocratica e al disinteresse. Lo Stato ha speso centinaia di miliardi per mettere pezze anziché per fare una politica fondamentale di prevenzione.
Ma il “partito del No”, del non spendere in manutenzioni perché non paga elettoralmente, ha fatto anche molti altri danni, le cui conseguenze si stanno manifestando tutte assieme. Pensiamo alle infrastrutture di trasporto o a quelle energetiche (Tap) e di telecomunicazioni (siamo indietro con il 5G). Ma ci riferiamo anche alle infrastrutture di trattamento dei rifiuti, la cui mancanza lascia città come Napoli e Roma nel caos più assoluto.
La “slavina Italia” è però fatta anche e soprattutto della progressiva desertificazione industriale del paese. Il caso dell’acciaio dell’Ilva è sicuramente il più clamoroso e gravido di conseguenze oltre che quello di mostrare l’incompetenza della classe politica al comando. Ma le molte crisi aziendali aperte e lasciate marcire ci dicono che l’Italia è nella morsa del declino industriale. Si pensi ai programmi di rilancio che da anni ci vengono annunciati per l’Alitalia, con una spesa pubblica dedicata al suo sostentamento di ben 9 miliardi, senza peraltro mai rimuovere le ragioni di inefficienza che rendono Alitalia incapace di reggere i costi.
Tutto questo si riflette non solo sul Pil ma anche sull’umore degli italiani. Insomma, ci troviamo di fronte a una condizione che ci impedisce ogni forma di programmazione e ci rende miopi. Lo sono prima di tutto i partiti e il personale politico. Lo è la pubblica amministrazione e in generale ogni forma di burocrazia, anche quelle private. Lo sono le rappresentanze che si nutrono di cultura corporativa e non conoscono l’abc dell’interesse generale. Ma, occorre dirlo, un po’ miopi lo siamo anche noi tutti, che optiamo più per la sfiducia e il rancore che per la reazione costruttiva. Solo che ora siamo di fronte all’accumularsi di danni incalcolabili. Il conto del cattivo governo e del non governo dei problemi ci si sta presentando tutto in un colpo.
Occorre reagire con maturità. Altrimenti il prezzo che saremo chiamati a pagare, noi e soprattutto le. Prossime generazioni, sarà drammaticamente alto.
Novembre 23, 2019