Siamo alle prese con un problema piuttosto denso. Si tratta della risposta offerta dalle nostre strutture sanitarie a questo terribile malanno che, oggi più di prima, ci sta mettendo in ginocchio.
Nella nostra Regione Fvg, se la fase primaverile ci ha visti tutto sommato ai margini del nubifragio sanitario, in questi giorni rivela invece, come noi, tristemente, ci stiamo attestando sui livelli peggiori in ambito italiano.
Le strutture sanitarie vivono una sofferenza senza pari; c’è un’incertezza che serpeggia in diversi nostri ospedali; le capacità operative non sono proprio al collasso, ma si stanno rivelando prossime a quel triste destino.
Dio non voglia!
C’è ancora un significativo margine per riordinare la prua. Ciò non toglie che qualche operatore, quelli che sono costretti notte e giorno a soggiornare sul fronte di guerra, avvertano un cieco e folle disagio.
Di questi ce ne sono tanti. Perché tanti sono i punti in cui gli operatori sono a contatto con chi, sfortunatamente, si è imbattuto nella fase più cruda del Covid-19. Mi riferisco soprattutto a quelli che respirano il settore della terapia intensiva.
Fatto salvo che il virus è maligno oltre dire, e che è lui la causa di mille difficoltà, vorrei aggiungere però una possibile défaillance del sistema sanitario, la quale permette al veleno una più scaltra e sciolta agibilità. Il sistema sanitario, figura altamente complessa, è definito da una serie di assi strutturali che, a partire da chi politicamente la governa, scendono fin nei piccoli dettagli della macchina sanitaria, ed è per questo che la critica non può esimersi dal guardare tutti gli elementi costituenti lo stesso.
Troppo facile è colpire il responsabile politico. Sullo stesso piano vale il problema relativo ai diversi dirigenti apicali, responsabili della pianificazione, organizzazione e gestione, frutto comunque della volontà politica. Ad essere seri, bisognerebbe anche esaminare con massima attenzione il sistema come si è depositato nel tempo, come si è orchestrato al suo interno e come il potere si sia via via reticolato nella sua sostanza.
Il debole fianco scoperto in questi giorni, induce pertanto, a un esame più approfondito dell’intera tematica. Troppo facile fermarsi ai bagliori più accecanti. La politica ha bisogno di recuperare il senso di un lavoro di analisi seria e non soggiornare, stoltamente, sulle sponde della propria parte per puntare il dito su quella che sta di fronte.
È inutile che io alimenti una moda sin troppo acclamata: quella che vuole sempre far guerreggiare tra loro le parti, per accaparrarsi il consenso. Intendo invece, invitare il pensiero a oltrepassare questi facili costumi e a soffermarsi con più rigore, nel lavoro di un’indagine seria, al fine di trovare le vie migliori per superare lo stato di stallo oggi particolarmente evidente.
Dicembre 11, 2020