LE GUERRE INUTILI DI PD E PDL AUMENTANO IL DISCREDITO DEI PARTITI.
La cronaca politica è riempita esclusivamente dalle diatribe interne a Pd e Pdl. Fanno da contorno, ma si integrano perfettamente nel contesto, gli scontri dentro Scelta Civica e dentro la Lega.
Persino i penta stellari di Grillo faticano a tenere insieme i cocci. In questo quadro spicca la debolezza del governo, sovrastato da guai interni ai suoi tre azionisti che finiscono per brandire come clave i temi relativi all’esecutivo, dalle scelte economiche alle insorgenti emergenze (ultimo il caso Cancellieri), al solo scopo di regolare i propri conti interni.
Peccato, però, che siano guerre inutili. Il discredito di cui godono la politica e i suoi attori come pure le istituzioni, fa si che la conquista della leadership dei partiti risulti del tutto ininfluente ai fini della conquista del consenso popolare.
Il rischio è che gli attuali partiti alla prossima occasione elettorale, specie se sarà quella europea, che da sempre induce l’elettorato a maggiore libertà, saranno investiti da uno tsunami di proporzioni gigantesche che potrebbe spazzarli via.
Si dice che molto dipenderà dalla legge elettorale.
È stato vero per molti anni e fino a qualche tempo fa. Ora è tema relativamente indifferente: non sarà una tecnicalità di conteggio dei voti o l’altra a indurre maggiore o minore disponibilità degli italiani verso questa offerta politica. Né sarà questa o quella legge elettorale a determinare il quadro politico successivo alle elezioni. Sarebbe meglio una legge di forte ancoraggio europeo, e che le uniche due esperienze copiabili – a patto che vengano importati anche i rispettivi sistemi istituzionali – siano la tedesca e la francese.
È preferibile il sistema tedesco, ma piuttosto che un qualche pasticcio all’italiana, ben venga quello transalpino.
Tuttavia, salvo adottare un maggioritario ancor più sfacciato di quello in vigore, il tema vero sarà quello che il basso consenso costringerà nuovamente a riunire le forze residue in larghe coalizioni.
Ed è per questo che se ciascuno degli attori in campo avesse un briciolo di buon senso, si affiderebbe ad un sistema di tipo proporzionale, correggendo la dispersività con una robusta soglia di sbarramento (non meno del 5%), a sua volta corretta dal diritto di tribuna.
Ma in tutti i casi il nodo da sciogliere è un altro: chi eredità il voto in uscita dai vecchi recinti della sinistra, del centro e della destra.
Che accada prima delle prossime elezioni perché nel frattempo avverrà l’implosione di Pdl e Pd, o che avvenga dopo le urne per effetto del “voto contro” degli italiani, la questione delle questioni è la nascita di nuovi soggetti politici capaci di incanalare la protesta.
La speranza è che ciò avvenga a favore di soggetti alternativi ma non protestatari e populisti.
Ma è dura. Perché all’orizzonte non c’è ancora niente, e il tempo stringe. Maledettamente.
Addì, 09 novembre 2013