Anche ieri il Messaggero Veneto in un’intervista al Presidente di una delle due imprese portuali di Porto Nogaro evidenziava le difficoltà “della più grande azienda” della zona industriale dell’Aussa Corno con i suoi 450 addetti; esse sono riconducibili a un ulteriore calo registrato nel traffico delle merci movimentate dell’unico porto della provincia di Udine, che si è abbassato del 11,78 % nel primo trimestre del 2014 e che è sceso a un totale di meno del 45% rispetto al 2012.
Gli operatori individuano la causa di tale risultato negativo nella mancata esecuzione degli interventi di dragaggio del Fiume Corno che ha impedito l’approfondimento del canale alla profondità prevista dagli attuali 6,0 m circa a 7,5 m; ciò avrebbe acconsentito un aumento degli ingressi in porto di navi, anche di maggiore stazza e una riduzione del traffico su strada per la forniture delle bramme ai laminatoi della zona industriale di San Giorgio di Nogaro.
Ma perché non parte il dragaggio del fiume Corno? E’ difficile spiegarlo dopo che da oltre due anni l’ATI aggiudicataria dell’appalto è pronta a riprendere i lavori per l’adeguamento delle vasche di stoccaggio previsto per i sedimenti provenienti dal dragaggio del fiume: una soluzione questa che, se eseguita, avrebbe già visto i lavori ampiamente conclusi e in via di risoluzione i problemi, anche ieri denunciati sulla stampa. Ancora oggi è possibile ripartire immediatamente con la realizzazione di tale intervento, basta volerlo, visto che nessuna nuova norma è intervenuta in materia di sicurezza della navigazione, ma di tale soluzione invece irresponsabilmente non si parla.
Dalla “relazione ricognitiva sullo stato di evoluzione dei dragaggi dei canali della laguna di Grado e Marano” presentata in Commissione IV del Consiglio Regionale lo scorso 19 febbraio, dall’Assessore alle infrastrutture Maria Grazia Santoro, si era appreso che era stata individuata, dopo qualche mese di lavoro degli uffici, una nuova soluzione tecnica nella possibilità di conferire a terra i sedimenti inquinati dragati dal fiume Corno, nella zona industriale dell’Aussa Corno; come era facilmente immaginabile, recentemente si è verificato che ciò non può essere fatto.
Oggi risulta che si stia lavorando a una soluzione diversa che prevederebbe la destinazione dei sedimenti all’interno dello stesso fiume da cui si devono dragare, a rinforzo della base delle banchine arginali; l’impressione è che anche in questo caso la soluzione non sarà percorribile.
Perché allora cercare ancora soluzioni che, con impiego di risorse umane ed economiche, sembrerebbero non esistere? Quanto si dovrà continuare ad aspettare a scapito del tessuto sociale di San Giorgio di Nogaro e più in generale della Bassa friulana?
E quanti annunci dovremmo sentire ancora da parte della Presidente della Regione, che appena un mese fa aveva dichiarato in una apposita conferenza stampa che la soluzione al problema era stata trovata; si riferiva ancora, ma erroneamente, al conferimento dei sedimenti dragati nella zona industriale dell’Ausa Corno, ignara che nel frattempo gli uffici regionali avevano già abbandonato tale soluzione.
Peraltro deve preoccupare molto il comparto della nautica e tutte le attività dell’indotto, che anche sugli altri interventi di dragaggio, non si hanno notizie confortanti. Erano stati annunciati altri dragaggi per il canale di Marano Lagunare (a cura della Regione) e per le darsene di Aprilia Marittima (a cura di un gruppo di privati), ma a tutt’oggi i progetti non si sono ancora visti.
Non ci resta che augurarsi che il Presidente Serracchiani, anche nella sua veste di vice Segretario nazionale PD, come responsabile nazionale PD trasporti e infrastrutture e dopo la notevole esperienza maturata al Parlamento europeo nella Commissione Trasporti e Turismo, trovi la soluzione da tempo attesa, a oltre due anni ormai dalla fine dello stato di emergenza; di danni se ne sono già registrati troppi!
Addì, 07 aprile 2014