Matteo Renzi, di colpo, pare essere passato da “rottamatore volitivo, portatore di una sana ventata di aria fresca” a “giovane presuntuoso che chiacchiera e non conclude”. Proprio sul fronte mediatico, suo punto di forza, Renzi sembra perdere clamorosamente terreno. Nei media internazionali così come sui giornali italiani spuntano cecchini laddove fino a ieri prevalevano i lecchini.
Renzi ha minimizzato e continua a sottovalutare la portata epocale della crisi economica che stiamo vivendo – ancora ieri ha preferito giocare con il cono gelato anziché ammettere che il combinato di prolungata recessione, deflazione (la prima volta dopo 50 anni) e crescente disoccupazione ci consegna un quadro non soltanto congiunturale di grave pericolo – e continua a sfornare o idee ambiziose ma con scarso ancoraggio operativo o puntuali azioni di governo giuste ma non capaci di andare oltre la linea dell’ordinaria amministrazione. Su un PIL di oltre 1.600 miliardi il Governo Renzi destina
un "plafond' di..... 10 miliardi per il rilancio dell'economia nazionale. È come se in una famiglia per "cambiare le cose" il capofamiglia mettesse a disposizione 10 euro su uno stipendio ( budget) di 1.600 euro. Inoltre immagina percorsi impraticabili e sponde improbabili, come capeggiare un’aggregazione mediterranea contro la Germania, con il risultato che Hollande licenzia i ministri più ostili alla politica tedesca (a costo di spaccare il suo partito) mentre la Merkel e Rajoy si giurano amore imperituro e mostrano i denti ai veri o presunti nemici dell’austerità.
Alla faccia di chi immaginava che nell'euro sistema in salsa berlinese si potesse fare a meno della Germania o anche solo mettersi di traverso. O come fantasticare su ipotetici patti con Draghi, nella speranza che sia la Bce e toglierci dai guai. Anche qui, non ci voleva certo il ruvido ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, per capire che sulla necessità di un allentamento delle politiche di rigore c’è una clamorosa incomprensione. Anzi, Draghi ha detto che dopo averlo fatto negli ultimi due anni, la Bce non è più disposta a “comprare tempo” a favore dei governi europei senza che questi facciano i compiti a casa delle riforme strutturali.
Un messaggio inequivocabile, che ci dice che la Bce non può andare oltre, anche volendo. La diga eretta da Francoforte è stata preziosa, tagliando le gambe agli spread e alla speculazione che scommetteva contro l’euro, ma non ha risolto, né poteva farlo, alcun problema di fondo del puzzle delle euro-contraddizioni.
Questa austerità ha solo aperto un ombrello protettivo sulla testa dei governi, di cui non ha approfittato né l'euro sistema nel suo insieme – per colpa dei diversi ma convergenti retaggi tedeschi e francesi – né l’Italia, pur avendo nel frattempo sperimentato tre diversi governi.
Insomma, nessun aiutino in vista, perché non sta nelle cose e perché comunque non ce lo meriteremmo, sebbene si dica avremo – ormai è pressoché certo – la guida della politica estera europea. Peccato che sia materia di piena sovranità nazionale e che dunque quel ruolo sia solo formale. Inoltre, per quel poco che conta, l’incarico arriva proprio mentre lo scenario geo-politico, con gli annessi e connessi energetici, si sta facendo maledettamente complicato. Anche qui, vietato scambiare lucciole per le lanterne: a decidere se fare o meno accordi con Putin, e di che tenore, e a parlarne con gli americani, sarà la Merkel non la Mogherini (come ieri non era la Ashton). Così, giusto per sapere con che carte si gioca.
Allora, pollice verso a Renzi? E a che pro? Al governo c’è lui, alternative non ce ne sono e costruirle richiede tempo ed il Paese non ha bisogno di chi gioca al “tanto peggio, tanto meglio”. Piuttosto, visto che è evidente il deficit programmatico del governo, si faccia un bel cartello di tutti quelli che non hanno alcun interesse politico a buttar giù Renzi dalla torre ma che vorrebbero da lui scelte più coraggiose e impegnative e il compimento di quelle riforme strutturali impopolari ma necessarie per cambiare rotta.
Addì, 30 agosto 2014