Ancora è buio sul palazzo del Nazareno. Le consultazioni non hanno permesso di scorgere l'uomo da designare alla carica di Presidente della Repubblica.
Renzi continua a tessere la sua tela, ma non con quel ritmo che sul finire dell'anno appena trascorso aveva invocato come requisito di efficienza e velocità della politica.
Vedremo se oggi, nel previsto incontro con Berlusconi, uscirà qualche segnale più nitido: l'impressione dei commentatori è che manchi proprio la lanterna. Intanto, senza il voto determinante dell'ex Cavaliere e con l'aperto dissenso di 24 senatori del Pd, è stata approvata la nuova legge elettorale.
Sull'Italicum incombe comunque il sospetto di illegittimità costituzionale, tanto che pure la Boschi lascia intravedere l'ipotesi che ulteriori modifiche a un testo già rimaneggiato più volte siano apportate alla Camera. Anche questo è strano.
Dopo aver ululato contro il bicameralismo perfetto, gli stessi riformatori del cerchio magico renziano si adagiano sulle opportunità che riserva il bistrattato sistema vigente delle due camere equivalenti.
Sulla legge piovono critiche anche severe, ma si va avanti lo stesso con disarmante disinvoltura.
A tale riguardo la Boschi, intervistata da "Repubblica", dice: Abbiamo fatto una buona legge, per la prima volta c'è la certezza, grazie al ballottaggio, di un vincitore la sera delle elezioni, senza inciuci.
Come si è visto anche in Grecia con Tsipras e la sua alleanza con un movimento di destra, non è una conquista di poco conto.
Ora, si deve intanto sperare che il pensiero della Ministra sia stato travisato nella trascrizione giornalistica, giacché non si vede proprio come si possa sostenere che un'alleanza tra sinistra e destra, ovvero tra il partito di Tsipras e quello dei Greci indipendenti, sia "una conquista di non poco conto".
Questo non è un inciucio? Lo è certamente, e anche in misura aggravata. Nulla dovrebbe giustificare, infatti, l'accoglienza al governo di partiti a sfondo xenofobo e persino antisemita.
Ciò nondimeno, il riferimento al caso greco è fallace pure sotto il profilo della presunta analogia con le virtù dell'Italicum. Vinte le elezioni, a Tsipras non è bastato il premio di maggioranza: per questo ha dovuto stringere in fretta e furia l'alleanza con i nazionalisti di destra.
È un inciucio costruito, a urne chiuse, attraverso un accordo reso necessario ai fini della costruzione di una maggioranza parlamentare. In effetti l'Italicum, grazie al ballottaggio che in Grecia non è previsto, risolve il problema alla radice. In che modo, pare essere un dettaglio.
Infatti, quale che sia la base reale di consenso, in prima o seconda battuta il vincitore si accaparra il cosiddetto premio di governabilità. Non ha importanza che la partecipazione degli elettori scenda sotto una determinata soglia: l'astensionismo diventa una variabile indipendente.
Siamo pertanto dinanzi a un sistema elettorale congegnato in modo tale da iscriverlo nella categoria delle porcate.
Quando il dibattito riprenderà il suo corso più razionale, superato anzitutto lo scoglio del Quirinale e forse accantonato il Patto del Nazareno, la questione principale da rivedere sarà proprio la costituzionalità di una riforma che sembra costruita con la presunzione di poter aggirare i sostanziali rilievi espressi dalla Consulta in ordine alla necessità di garantire un giusto equilibrio tra l'esigenza della governabilità, attraverso il premio di maggioranza, e l'obbligo di una adeguata rappresentatività del vincitore.
I dubbi sono tutti legittimi. Fuori da questo equilibrio, il vizio d'incostituzionalità incombe sicuro.
Addì, 28 gennaio 2015