(di Lucio D'Ubaldo)
Le critiche al quadro delle riforme istituzionali, dalla nuova legge elettorale alla modifica strutturale dell'ordinamento costituzionale, sono state finora accantonate con troppa disinvoltura e superficialità. Si procede sulla falsariga di un copione privo di qualsiasi flessibilità. Renzi non intende accogliere nessuna modifica all'Italicum e minaccia, più o meno velatamente, di legare le sorti della legislatura all'approvazione della legge entro fine aprile. Il dialogo con la sinistra del Pd è fermo alle sola promessa, una volta chiuso il capitolo della legge elettorale, di eventuali ritocchi al testo di riforma costituzionale.
Nel suo editoriale della domenica, Eugenio Scalfari ha invece riconfermato tutte le obiezioni che da tempo gli è sembrato necessario formulare, senza tuttavia ricevere risposte dai dirigenti del Pd, e men che meno dal Premier-Segretario. Ieri, a sostegno della sua serrata contestazione del carattere antidemocratico del nuovo meccanismo elettorale, ha citato un passo saliente del discorso di De Gasperi (Camera del 17 gennaio 1953) sulla cosiddetta "legge truffa".
Ecco, di preciso, le parole dello statista trentino (Il discorso integrale è riprodotto in questo stesso numero del giornale. Ndr) su cui Scalfari invita a riflettere «Questa legge non trasforma la minoranza in maggioranza. Se così facesse sarebbe un tradimento della democrazia. Si limita a rafforzare la maggioranza affinché sia più solida e possa governare come è suo diritto. Ma se perdesse il 50 meno un voto sarebbe sconfitta da chi invece prendesse due voti di più».
A differenza della "legge truffa", così chiamata all'epoca su suggerimento di Stalin e oggi in verità meritevole di essere apprezzata per l'equilibrio che poneva tra rappresentanza e governabilità, quella confezionata da Renzi (prima con l'accordo di Berlusconi) è una legge effettivamente "truffaldina", ancor più se vista e giudicata nell'intreccio con altri provvedimenti di riforma. A riguardo, Scalfari individua nel meccanismo iper-maggioritario dell'Italicum, nell'eccesso di "nominati" alla Camera, nella discutibile abolizione del Senato, nella tendenziale caduta di autonomia della Corte costituzionale, nella subordinazione della Rai all'esecutivo, insomma in questo impasto di verticalizzazione del potere e di riduzione dei controlli tutti gli aspetti negativi del processo riformatore avviato nel 2014 con il varo dell'attuale governo. "Le conseguenze di queste decisioni che stanno per essere approvate tra pochi giorni - sottolinea il fondatore di "Repubblica" - sono di fatto l'abolizione della democrazia parlamentare".
Parole, queste, che risuonano molto dure perché fanno presagire lo scivolamento del Paese verso una condizione di vischiosità e artificiosità della vita democratica in quanto tale. E dunque a stagliarsi, dolcemente minacciosa, sarebbe l'ombra della "democratura": vale a dire la combinazione "à la Putin" di democrazia e dittatura. Di fatto, uno scenario inquietante. Che dire? Siamo forse dinanzi a un clamoroso abbaglio di un intellettuale e giornalista prestigioso, ma la cui penna è preda oramai d'irrefrenabile ostilità antirenziana? O Scalfari, cui per altro non si oppongono argomenti solidi e persuasivi, coglie nel segno?
In realtà, il progetto renziano andrebbe respinto. L'alternativa al porcellum non è l'invenzione di un altro porcellum, pure con maggiori difetti, ma il ripristino del Mattarellum. A confronto dell'Italicum la legge che porta il nome dell'attuale Presidente della Repubblica offre adeguate garanzie - così è stato dal 1994 al 2006 - sul piano della formazione di una maggioranza di governo, sempre evitando però di svilire o mortificare il pluralismo delle forze in campo. Bersani ha lasciato intendere che alla resa dei conti preferirebbe, appunto, ritornare al Mattarellum. Nella maggioranza esistono voci dissenzienti, ma stentano a farsi sentire. Perché il Presidente della Fondazione De Gasperi, nonché ministro dell'Interno in carica, non esamina con attenzione le argomentazioni ineccepibili di Scalfari? Purtroppo, le ansie di Alfano sono tutte riposte nella permanente difesa degli spazi di governo e sottogoverno. Dunque, non resta che sperare nella possibile iniziativa della pattuglia parlamentare dei cattolici democratici.
A Renzi va impedito di compiere uno scempio.
Addì, 13 aprile 2015