Per l'Italia il bilancio di fine anno è magro. Il 2015 si avvia a chiudersi ben diversamente da come qualcuno raccontava. La ripresa economica ha perso slancio. Non c’è da essere allegri se chiudiamo l’anno con un più zero virgola. Che poi sia 0,7 o 0,8 poco importa perché è comunque troppo poco considerato che questo risultato è conseguito in un quadro congiunturale mai così favorevole: liquidità, tassi a zero, petrolio a prezzi stracciati, cambio che favorisce le esportazioni. Senza questi “aiutini” esterni, si sarebbe ancora in recessione. Altro che “l’Italia è ripartita”!
Quanto alla politica, la spinta propulsiva del governo Renzi sembra essere esaurita. E questo perché la curva discendente è dovuta al fatto che il Paese non ha riacquisito quella fiducia che andava cercando e che per un momento si era illuso di poter ritrovare. Anzi, aumenta il numero di italiani stanchi di sentirsi raccontare che le cose vanno bene.
Tuttavia, sarebbe sbagliato vedere solo la parte vuota del bicchiere. Alcune cose sono accadute, e il 2015 è archiviabile come significativamente diverso dal 2008 o dal 2011. Ma, soprattutto, oggi ci sono le condizioni per imprimere velocità al cambiamento e indirizzarlo nella direzione giusta. A una condizione, però: che chi guida il Paese faccia un salto di qualità, che si disponga verso una maturità politica che gli tolga di dosso il vestito stretto della “inevitabilità” e gli faccia indossare quello della “scelta”.
Perché ciò accada, la prima cosa da fare è dismettere quella fastidiosa supponenza nel presentare il proprio lavoro. Per capirci: siamo sicuri che nelle condizioni date non sarebbe comunque stato possibile ottenere un risultato significativamente diverso da quello ottenuto, tuttavia, è un errore e irritante, averlo fatto credere. Invece si è preferito usare con disinvoltura l’effetto annuncio e bollare tutti come gufi coloro che obiettavano.
La seconda cosa da fare è di chiudere in modo anche formale, la stagione della cosiddetta “rottamazione”. Renzi fin qui ha applicato la politica della disintermediazione a tutti i costi. Scelta comprensibile e per molti versi necessaria, ma che per sua natura non può che essere a tempo, poi occorre favorire nuovi momenti e luoghi di aggregazione degli interessi, senza pretendere di esserne in modo diretto ed esclusivo l’unico punto di riferimento. Rompere vecchie incrostazioni non significa disconoscere il valore delle alleanze, e uno statista da un politichetto si distingue anche per la capacità di tessere aggregazioni e costruire sodalizi in modo non strumentale.
L'ultima cosa da fare é conseguente alle prime due: predisporre un programma meno episodico, tanto sul fronte delle questioni interne quanto su quello del posizionamento dell’Italia nelle vicende internazionali, europee e non.
Renzi, dieci anni fa ormai, ha scritto un libro dal titolo: “Tra De Gasperi e gli U2”. Ecco, è più che sufficiente studiare e copiare il primo, quello che lo stesso Renzi, appena trentenne, considerava già un punto di partenza e lasciarsi ispirare dalla filosofia degli U2. Sarebbe di per sé, già un successo. Vedrà, il presidente del Consiglio, che così diventerà il prescelto, e non l’unica scelta.
Addì, 20 dicembre 2015
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